Cosa ci fanno Di Maio, Salvini e Renzi in un acquario?
Cosa ci fa la triade politica "Luigi Di Maio, Matteo Salvini, Matteo Renzi" dentro ad un acquario? Non ci fa assolutamente niente, stai tranquillo (ma non troppo "sereno")...
Semplicemente, in questi ultimi giorni, mi è tornata in mente la famosa "storiella della murena, del polpo e dell'aragosta" chiusi, appunto, nella vasca di un acquario che mi raccontava, da piccolo, mio padre.
"Sai cosa succede se metti una murena, un'aragosta e un polpo in un acquario?" mi chiede, infatti, un giorno mio padre... non lo sapevo, ovviamente. Ero un bambino e non c'erano ancora gli smartphone: nessuna possibilità, quindi, di "barare" per non dargli soddisfazione.
"Rimangono immobili", mi spiega, allora, lui "e muoiono di fame".
"Perché" continua "la murena mangia il polpo, il polpo mangia l'aragosta e l'aragosta mangia la murena, se uno di loro ammazza la sua preda naturale diventa preda a sua volta e, quindi, nessuno fa niente".
Una storiella curiosa da cui è partita, per associazione, la mia riflessione sulla situazione post voto della politica italiana considerata, soprattutto, in termini di insegnamenti sulla leadership (o non leadership) dei politici.
Una storiella (falsa) simile, però, al "gioco" politico attuale
Ammetto che il paragone è un po' forte, e neanche voglio lanciarmi nel definire chi fa l'aragosta e chi il polpo... lascio a politologi e opinionisti questo ardito compito.
In realtà, ho scoperto, anni dopo, che questa storiella (della cui veridicità mio padre era assolutamente convinto) era una "fake new" d'altri tempi, nel senso che in natura non succede esattamente così.
Ciò non toglie che, ascoltando i telegiornali in queste ultime settimane, per similitudine, questa storia mi torna in mente spesso: la politica italiana, infatti, si trova in una situazione di stallo imbarazzante.
Così, mi sono chiesto: come mai ci ritroviamo in una situazione come questa?
Sono 3 le risposte-lezioni che mi sono arrivate, partendo dal mio lavoro come esperto in relazioni interpersonali, leadership e dinamiche di gruppo.
Le 3 lezioni sulla leadership che possiamo imparare dai nostri politici
1^ lezione - Non criticare e condannare oltre l'indispensabile
Dale Carnegie, nel suo best seller "Come trattare gli altri e farseli amici", suggerisce di non attaccare mai le persone perché, in pratica, avere dei nemici giurati non serve a nessuno, anche se le opinioni possono essere diverse.
Alla luce di tutta questa tornata elettorale, la prima lezione che imparo è perciò questa:
se accusi e attacchi i tuoi avversari più del dovuto, diventa davvero difficile, poi, trasformarli in alleati.
O non te lo permettono loro perché hanno imparato a odiarti, oppure ti metti in cattiva luce nei confronti dei sostenitori che (giustamente o meno) hanno creduto alle tue accuse sui tuoi rivali.
2^ lezione - Leggere il contesto e seguirne le regole
La seconda lezione riguarda, invece, la capacità di lettura del contesto e la (tanto necessaria) flessibilità.
Le strategie che hanno funzionato durante la campagna elettorale non si stanno rivelando altrettanto utili ed efficaci nel post voto (per lo meno, a me così sembra): come mai?
A detta di molti "politologi", perché quasi tutti i leader politici, nella ricerca di accordi per formare il nuovo governo, si stanno comportando come se il sistema elettorale fosse maggioritario anziché proporzionale, come in effetti, in realtà invece è.
Una sensazione comune a molti cittadini, incluso me, è che i leader dei diversi partiti tengano poco conto della realtà senza sforzarsi di interpretare correttamente la situazione per quella che è. Questo, probabilmente, a causa di un eccessivo attaccamento alle proprie ideologie e convinzioni (utili se prese come punto di riferimento per orientarsi e non come verità assolute con cui sostituire la realtà oggettiva).
Da qui, la seconda lezione sulla leadership efficace:
se si vuole vincere la partita, conviene saper stare dentro il terreno di gioco e seguirne le regole. Ovvero, serve saper leggere il contesto, capirne le regole del gioco ed essere abili nell'adattarsi ad esse.
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3^ lezione - L'obiettivo condiviso viene prima del proprio ruolo
Ma in questo estenuante "gioco dell'oca post elettorale" (come qualcuno l'ha definito) intravedo anche la carenza di un'altra competenza molto utile per esercitare una leadership vincente relativa, in questo caso, alla capacità di discernimento fra ruolo, visione e obiettivo.
Infatti, ad oggi guadagnano terreno e credibilità agli occhi dei cittadini quei leader politici più attenti a concentrarsi e rimaner fedeli all'obiettivo condiviso col proprio elettorato (ovvero, quello di assicurare un governo) senza incancrenirsi in posizioni rigide rispetto al proprio ruolo. Perciò:
una volta stabilito l'obiettivo, un buon leader lo persegue sapendo distinguere fra ruolo personale e interesse collettivo più funzionale per raggiungerlo.
Rimanere coerenti rispetto all'obiettivo e mettersi al servizio per realizzarlo (anche sapendosi spostare di lato, quando serve) paga di più, infatti, che manifestare un attaccamento eccessivo al proprio ruolo (o poltrona), specie quando questo rischia di diventare controproducente per arrivare a ciò che ci si era prefissi.
E se mi fossi sbagliato? In tal caso...
Considerate questo mio articolo per quello che è: il punto di vista molto parziale di un cittadino che non si è mai occupato di politica in modo diretto, ma che osserva ciò che accade sotto la lente affascinante della comunicazione interpersonale.
Dato che la posta in gioco è davvero alta, in fondo spero perciò di essermi sbagliato e di potermi risvegliare domattina con un governo che funziona e, soprattutto, che funziona bene!
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