Gestione delle emozioni. Il primo errore è…
Gestire le proprie emozioni senza farsene sopraffare è un bisogno sempre più esplicito e sentito dagli esseri umani.
In aula, ad esempio, finisco quasi sempre per parlare e lavorare coi partecipanti sugli stati d'animo, anche quando non è argomento specifico del corso.
Questo accade perché è evidente l'impatto che le emozioni hanno sulla propria qualità di vita e di lavoro.
In tema di gestione delle emozioni, però, a volte è facile fraintendere.
Perciò, ripensando soprattutto a diversi casi di persone incontrate durante il mio lavoro, ho messo a fuoco alcuni "tranelli", alcune confusioni in cui si può cadere, a volte proprio quando si inizia a cercare un maggior equilibrio emozionale.
Oggi voglio parlarti, perciò, di uno degli errori più tipici (forse il più frequente) a cui bisogna prestare attenzione quando inizi a prendere confidenza con le tue emozioni.
1° errore: giudicare le proprie emozioni
Ogni emozione che proviamo rappresenta una risposta spontanea del nostro sistema mente-corpo a ciò che ci succede, sia a livello esterno che interno.
L'emozione è, dunque, una forma di energia preziosa
perché ci porta informazioni utili relative al contesto esterno o a ciò che accade dentro di noi.
Ce lo ricorda la stessa etimologia della parola: emozione deriva dal latino emovère, ovvero ex = fuori + movere = muovere. Letteralmente, quindi, emozione significa portare fuori, smuovere, scuotere ciò che giace nel nostro animo.
Per sua natura, quindi, l'emozione è involontaria, perché non dipende dalla nostra volontà.
"Non puoi provare quello che vuoi provare. Altrettanto vero è che non puoi essere responsabile di ciò che è fuori dal tuo controllo". Dan Millman ( Le dodici porte)
Cito le parole di Millman, autore e conferenziere esperto di sviluppo personale, perché spiegano in modo chiaro la natura istintiva delle emozioni.
In altre parole: non possiamo comandare a bacchetta le nostre emozioni.
Di conseguenza, dare un giudizio negativo o positivo su ciò che stiamo provando è assolutamente inopportuno oltre che assai frustrante (e quindi decisamente sconsigliato!).
Le emozioni si avvicendano, infatti, dentro di noi indipendentemente da ciò che noi vogliamo.
Naturalmente, questo non vuol dire che viviamo tutte le emozioni allo stesso modo: provare gioia è, immagino, anche per te più gradevole rispetto a sentirsi arrabbiati o in preda alla paura.
Ma il nostro modo di viverle (incluse quelle meno piacevoli) cambia completamente se accettiamo come naturale ciò che sentiamo: ogni emozione ha un suo perché e un suo per come, infatti, ovvero una sua ragione di esistere.
Ecco quindi che etichettarla come buona o brutta, positiva o negativa, giusta o sbagliata non ci aiuta affatto a comprendere il senso e il messaggio presenti proprio in quell'emozione. Né, tantomeno, giudicare le nostre emozioni ci aiuta a raggiungere i nostri scopi e vivere in modo soddisfacente.
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Non aspettare che l'emozione passi, tu agisci comunque
Interessante, potresti dirmi....però a me alcune emozioni disturbano e mi distolgono da ciò che vorrei realizzare.
Bene, ti rispondo: non devi cercare di cambiare il tuo stato interiore, infatti, ma piuttosto, concentrarti su ciò che desideri e puoi fare, indipendentemente da cosa provi.
L'accettazione dei sentimenti è legata a ciò che puoi fare per migliorare la tua situazione piuttosto che al tentativo di migliorare il tuo stato d'animo, il che è impossibile. Dan Millman (Le dodici porte)
Lo spiego meglio con un esempio.
Francesco, un ragazzo invaghito di Giovanna, una sua coetanea, si sente intimidito e prova vergogna all'idea di chiederle di uscire.
Francesco immagina anche che, al posto suo, tutti gli altri ragazzi sarebbero stati molto più spavaldi e sicuri di sé nel corteggiarla. Questo lo fa vergognare ancora di più di ciò che prova: finisce così per biasimarsi e sentirsi sempre più a disagio per la sua timidezza.
Giudicando l'emozione che prova, Francesco aggiunge così peso ad una situazione che di per sé non è fra le più leggere.
Il paragone con gli altri, inoltre, è assolutamente inutile e inconcludente perché, in realtà, Francesco non può sapere come gli altri si sentono realmente.
Questa è una maniera scorretta di trattare le proprie emozioni.
Mi chiederai: cosa può fare allora, Francesco, di diverso, anziché perdere energie giudicando la sua timidezza?
Beh, semplicemente tenersi la timidezza e invitare Giovanna a cena!
Per chiarire meglio: una volta preso atto del suo stato d'animo, la cosa migliore che concretamente Francesco può fare è concentrarsi sul suo obiettivo, cioè fare del suo meglio per convincere la ragazza a uscire con lui.
Un comportamento che gli porterebbe benefici in ogni caso, sia che Giovanna accetti il suo invito o meno. Infatti, a prescindere dalla risposta della ragazza, Francesco può premiarsi e ritenersi soddisfatto per il solo fatto di aver avuto il coraggio di chiederglielo (con grande gaudio della sua autostima).
So cosa mi dirai ora: ma così facendo, la timidezza sparisce? Forse no o, più probabilmente, non subito.
Ma questo non rappresenterebbe più un problema una volta presa consapevolezza di ciò che sente e del fatto che con quell'emozione ci si può anche convivere.
Emozione che, se ben usata, può trasformarsi in un punto di forza: a diverse donne, infatti, piacciono proprio i ragazzi timidi!