Mentoring & Supervisione: a chi servono? Ne parlo su Learning News
Fare il Coach è un mestiere entusiasmante: sapere di poter contribuire al benessere, al successo, alla realizzazione personale di qualcun altro è veramente una gratificazione senza eguali, per quanto mi riguarda.
Ma fare il Coach non è un mestiere facile: richiede a sé stessi molta pazienza, molta disponibilità ad apprendere e a mettersi in discussione, senza considerarsi "arrivati". Dal mio punto di vista il Coaching, infatti, è una professionalità in progressione in cui lo studio e la costante applicazione e sperimentazione fanno la differenza.
Per questo, resto sempre un po' perplesso quando mi capita di leggere o di sentire di persone tramutatesi in Coach dall'oggi al domani; forse perché so bene qual è l' impegno che occorre mettere in gioco e le competenze che è necessario acquisire per poter effettivamente svolgere questa professione dando un servizio all'altezza delle esigenze di ogni cliente, mai esattamente uguali a quelle di un altro.
Questo lo dico anche in virtù della mia personale esperienza professionale: nonostante lavorassi già da diverso tempo con continuità come Coach professionista con credenziali ICF (la più grande organizzazione al mondo per l'accreditamento dei coach professionisti), ho avvertito ad un certo punto la necessità di superare alcuni ostacoli nei quali mi stavo imbattendo nel condurre talune sessioni di Coaching.
In alcuni momenti, su alcuni punti critici, era come se girassi un po' a vuoto: tecnicamente il mio approccio era corretto ma percepivo che qualcosa nel modo in cui conducevo l'incontro allontanava la persona che avevo davanti dal suo obiettivo, da ciò che effettivamente le serviva per cambiare passo. Il risultato che ottenevo era dignitoso, onesto, ma non raggiungeva quella efficacia che mi interessava che ogni cliente potesse portare a casa.
Se fossi stato un Coach che si accontenta, probabilmente avrei proseguito al solito modo, cercando di trovare qualche aggiustamento "fai da te" al mio stile di Coaching. Ma quando avvicinarsi il più possibile ad offrire un Coaching d'eccellenza è la motivazione che ti muove, questo adagiarsi ecco che non bastava.
Mentor coach: un valido aiuto per vedere dall'esterno ciò che limita la propria efficacia professionale
Il bisogno di superare i limiti di incisività che il mio modo di fare Coaching aveva in alcune situazioni mi ha così spinto a chiedere l'intervento di un collega senior (che già si era lasciato da tempo alle spalle difficoltà simili alle mie), per seguirmi in un percorso di Mentor Coaching.
Una scelta che, personalmente, si è rivelata determinante per permettermi di acquisire un livello di consapevolezza e padronanza decisamente più maturi ed efficaci nel gestire ogni processo di Coaching. Che poi significa mettere nelle condizioni il cliente di imparare più facilmente a gestirsi da solo, in base alle proprie reali esigenze e alla propria reale identità, evitando di avvinghiarsi a qualcun altro o di fuggire da sé stesso.
Per questo, volentieri ho accolto l'invito di spiegare più in dettaglio in cosa consiste il Mentor Coaching e la Supervisione su Learning News, il mensile elettronico di AIF che, dal 2007, ospita contributi utili relativi al mondo della formazione e del Coaching. Perciò, se sei un Coach o sei alla guida di un Team aziendale, ti consiglio di dedicare qualche minuto a leggere l'articolo "Mentoring e Supervisione: quando e perché servono per formare coach e leader aziendali d'ccellenza" , pubblicato nel numero luglio-agosto 2020 della rivista.
Potresti scoprire (come è successo a me a suo tempo) che, proprio in questa fase della tua carriera professionale, poter contare sull'affiancamento di un Mentor Coach o di un Supervisor potrebbe rivelarsi essenziale per affinare le tua capacità di gestione degli incontri di Coaching o delle relazioni coi tuoi collaboratori.
Questo non ti deve far pensare di non essere già all'altezza e di aver bisogno di stampelle esterne. Semplicemente, la maestria si conquista a piccoli passi nel tempo, anche con l'umiltà di mettersi in discussione. Infatti, avere la qualifica di Coach o essere un Team leader non vuol dire, atuomaticamente, che tutti i nostri atteggiamenti, modi di essere e di pensare siano funzionali, performanti e benestanti; alcuni schemi di comportamento o pensiero errati possono persistere, restando invisibili a sé stessi ed emergono solo quando qualcuno di esterno che ha le competenze, la sensibilità e l'esperienza adeguate ti aiuta a prenderne coscienza, rimescolando le carte.
Dove sbaglia un Coach? Alcuni errori frequenti...
Se ti stai chiedendo quali sono gli errori, i trabocchetti più frequenti in cui può cascare un Coach, sappi che spesso sono dovuti al prevalere, man mano, di un approccio troppo "rilassato" e poco vigile nel seguire il processo di Coaching. Cosa voglio dire?
Che, strada facendo, è facile dimenticarsi di cosa significhi esattamente essere un Coach. Ci sono situazioni in cui, finché non si ha una perfetta padronanza pratica del proprio ruolo, si finisce per rapportarsi col cliente debordando nell'approccio tipico del consulente o del formatore, ad esempio.
Questo capita più di frequente quando si ha a che fare con persone più in cerca di un professionista che dia loro risposte e soluzioni già pronte all'uso piuttosto che usare il supporto del Coach per mettersi in gioco e cercarsele in proprio. Oppure quando sono in ballo emozioni molto forti e il cliente ha poca fiducia in sé: in casi come questi, non è inusuale che le persone cerchino un punto di riferimento al di fuori. Certamente uno dei compiti del Coach è quello di dare fiducia alla persona ma significa farlo dando spazio all'altro con l'ascolto, facendo arrivare al cliente il messaggio che il punto di riferimento di cui va in cerca è da trovare dentro sé stessi e non in nessun altro.
Un altro errore tipico si verifica quando il Coach si attacca, "si innamora" troppo di una sua stessa idea o della soluzione che lui intravede per sbloccare una situazione critica del cliente; capita che questo spinga il Coach ad uscire dal suo doveroso ruolo neutrale per orientare le scelte della persona che sta seguendo e spingerla ad applicare proprio quella soluzione. Se questo accade, non è strano, a un certo punto, che il cliente possa decidere di non proseguire il percorso di Coaching perché, anche se a livello spesso inconsapevole, la persona si è sentita non accolta o, peggio ancora, giudicata.
Similmente, altre volte, nello svolgere il suo lavoro, il Coach matura (beninteso, senza rendersene conto) degli atteggiamenti disfunzionali che orientano in modo troppo direttivo le scelte del cliente, togliendo spazio alle sue risorse e potenzialità personali. In questo, anche solo la precisione linguistica nel fare le domande può avere effetti significativi sulla percezione finale della persona. Ad esempio, di fronte ad un cliente che prende coscienza che è un suo desiderio fare un viaggio, un conto è che il Coach, lasciandogli massima libertà, gli chieda: "Ok, ora che sai questo, cosa ti proponi di fare?", altro è sentirsi dire, invece:"Ok, quindi quando andrai in agenzia per prenotare il volo per Parigi?". Pur se mossa da ottime intenzioni, è facile che una domanda così posta possa essere vissuta da molti più come un'imposizione che come uno sprone ad agire.
In quale modo Mentoring e Supervisione possono sostenere l'allievo?
Le difficoltà di cui ti ho parlato, specie se sei un Coach alle prime armi o se aspiri a diventarlo, dovrebbero aiutarti a capire che dovresti considerare i tuoi studi sul Coaching come una base di partenza, buona ma perfettibile, per migliorare costantemente la tua professionalità. Se metti in conto che rallentamenti, distrazioni, abitudini errate fanno parte del percorso, ti sarà più facile intervenire per superarli, magari proprio anche grazie all'aiuto di un Mentor Coach o Supervisor.
Chiudo queste riflessioni su questi straordinari percorsi di sostegno al proprio sviluppo professionale (e anche personale) dando alcune indicazioni sulle modalità con cui si può svolgere un percorso di Mentor Coaching e in cosa si differenzia dalla Supervisione.
Generalmente, ci sono tre procedure mediante cui un Mentor coach senior può affiancare un professionista junior (sia esso Coach che Team leader), ovvero:
- con una compartecipazione in presenza nel ruolo di osservatore durante lo svolgimento di una sessione di Coaching (e successiva restituzione di feedback al Coach o Team leader che guida l'incontro)
- attraverso delle sessioni di Coaching a cui il Mentor Coach partecipa nel ruolo di coachee (persona che riceve il Coaching) seguita da una successiva fase di debriefing per aiutare il Coach/Team leader junior a individuare pratiche e atteggiamenti errati
- per mezzo di sessioni di Coaching registrate che il Mentor coach analizza e approfondisce assieme al suo allievo
Il Supervisor, invece, anziché prendere parte od osservare direttamente il modo in cui il Junior Coach porta avanti le sue sessioni di Coaching, ha un ruolo di guida più esterno. Durante dei colloqui one-to-one, il Supervisor, infatti, è la persona a cui l'allievo espone le difficoltà che sta riscontrando fra i casi dei clienti che segue. Il Supervisor, generalmente, interviene con domande mirate per portare il professionista junior a trovare strategie alternative più efficaci rispetto a quelle adottate sino a quel momento.
Sarei felice se le informazioni sul Mentor Coaching & Supervisione contenute in questo articolo e in quello pubblicato su Learning News potranno esserti utili per dare una spinta importante anche alla tua crescita professionale. E non mi meraviglierò se, un domani, mi scriverai per raccontarmi di quanto sia grandioso sostenere i tuoi colleghi più giovani o inesperti facendo loro da Mentor coach o Supervisor con la stessa pazienza e disponibilità che, tempo prima, qualcun altro ha avuto con te! 🙂