Mindfulness: dove fa acqua
Dopo aver parlato di mindfulness con alcuni clienti e colleghi mi sono fatto l'idea che questo approccio, generalmente davvero molto utile e in alcuni casi imprescindibile, fa acqua in un punto.
Questa idea nasce dal fatto che una cliente, dopo aver fatto un percorso sulla mindfulness che le è servito molto per gestire meglio le sue emozioni, ha iniziato a "girare a vuoto", per dirla con parole sue.
Ovviamente, non è stata la mindfulness a portarla a girare a vuoto ma l'approccio con cui l'ha affrontata, sostenuto da alcune letture che ha fatto.
Per questo motivo ho deciso di scrivere alcuni consigli per chi si approccia alla mindfulness che, come metodologia, considero eccellente se viene usata quando serve e affidandosi a professionisti certificati e... affidabili. Ma andiamo per ordine.
Cosa è la mindfulness?
L'Associazione Italiana per la Mindfulness (AIM) definisce la mindfulness con le parole di Jon Kabat-Zinn, uno dei pionieri di questo approccio. “Mindfulness significa prestare attenzione, ma in un modo particolare:a) con intenzione, b) al momento presente, c) in modo non giudicante”. Si può descriverla anche come un modo per coltivare una più piena presenza all’esperienza del momento, al qui e ora.
In sostanza l'approccio della mindfulness consiste nel prestare attenzione al momento presente, senza giudicare pensieri ed emozioni.
Questo approccio permette quindi di comprendere e accettare il disagio interiore (dolore e sofferenza) per integrarli e farne un motivo di creatività e di crescita.
Questo approccio, quindi, risulta particolarmente efficace per alcuni tipi di psicoterapia (di cui so poco, non essendo un terapeuta) e per gestire l'ansia, lo stress e, in generale, gli stati d'animo.
Ma, allora, cosa c'è che non va nella mindfulness?
In un mondo caotico come questo, ricco di stimoli e sollecitazioni che, spesso, sono fuori dalla nostra portata, è facile cadere vittima di ansia, stress ed emozioni parassite: parassite nel senso che sono focalizzate sul passato o sul futuro e, per questo, risultano ingestibili.
La mindfulness aiuta chi si trova in questa situazione di disagio a concentrarsi sull'unica dimensione temporale in cui possiamo fare qualcosa di concreto: il presente.
Chi impara a prestare attenzione al "qui e ora", infatti, mantiene alta la possibilità di incidere positivamente sulla sua vita. E, in questo senso, la mindfulness è utilissima. Se non viene assolutizzata.
Le dimensioni del tempo?
Molti esperti (o sedicenti tali) di sviluppo personale, però, nel momento in cui parlano o scrivono, tendono ad assolutizzare il valore del qui e ora con frasi come "esiste solo il qui e ora" o "la sola dimensione reale è il tempo presente". Questo porta alcuni loro seguaci a smettere di pianificare (in funzione dei loro desideri, ovviamente) per dedicarsi solo alla contingenza.
E, in un primo momento, alla mia cliente era successo proprio questo: aveva smesso di preoccuparsi e stava meglio ma poi aveva iniziato a perdersi, in questa contingenza. Aveva perso, cioè, il senso di quello che faceva e stava perdendo motivazione e gusto per la vita.
Da questa esperienza ho imparato che le dimensioni del tempo ci servono tutte: il passato ci serve per imparare (e non certo per recriminare) e rappresenta la nostra identità; il presente per pianificare, agire e godere (emozionarci, in generale); il futuro per immaginare, sognare, desiderare e coltivare quindi la motivazione e la speranza.
Sono bastate poche sessioni di coaching perché la mia cliente riacquistasse il senso del tempo, ricollocando il presente nel continuum passato-presente-futuro, dando ancora maggior valore al suo scopo e al suo tempo presente e riacquistando una parte rilevante del suo potenziale (e della sua gioia di vivere).