I cambiamenti in azienda: le resistenze da superare
Nell'incerto contesto socio-economico attuale, sono molte le aziende e gli Enti Pubblici impegnati in un percorso di riorganizzazione, a vari livelli. Forse anche voi, al lavoro, siete coinvolti in un processo di cambiamento. Migliorare cambiando ciò che in azienda non funziona interessa a tutti, infatti, soprattutto quando più se ne sente l'esigenza, ovvero nei momenti difficili.
Cambiare è, pertanto, necessario e naturale ma, come accade a ciascuno di noi a livello individuale, anche nelle organizzazioni, a volte, i cambiamenti risultano molto faticosi e possono destabilizzare, specie nelle fasi iniziali.
Per questo, se al lavoro ti sembra di vivere una fase di stanca, opaca e carica di maggiori difficoltà, a causa di un momento intenso di cambiamento che la tua azienda sta attraversando, mantenere un atteggiamento tollerante e di maggior disponibilità è una cosa importante che, assieme alla leggerezza, può aiutarvi ad affrontare la transizione con maggior equilibrio.
Devi considerare, però, che, anche se, a livello teorico, l'idea stessa del cambiamento coinvolge e stimola, difficilmente tutto fila liscio da subito: potresti incontrare resistenze e difficoltà ogni volta che tenti di passare dalle parole ai fatti.
Se ti stai chiedendo chi può avere interesse a remare contro, sappi che sono vari i motivi (a volte, inconsapevoli) che possono spingere le persone a boicottare il normale processo di miglioramento che, sulla carta, dicono di desiderare.
Il pessimista vede i rischi più che le opportunità
Cambiare non piace, anzitutto, ai pessimisti. Dentro a un Team, esistono sempre, in genere, una o più persone restie a modificare abitudini e comportamenti: la loro naturale inclinazione a vedere ed enfatizzare le potenziali ripercussioni negative le porta, infatti, a difendere a spada tratta lo stato delle cose così com'è.
Come far cambiare idea ai pessimisti? Permettendogli, anzitutto, di esprimere liberamente dubbi e perplessità, e confrontandosi in modo aperto con loro su questi timori: sicuramente, questo è l'approccio più efficace per aiutare chi è diffidente e disfattista a rimettere in gioco le sue posizioni, fino ad accettare di buon grado il cambiamento richiesto. Ascoltare e rassicurare, in definitiva.
Rimettere in discussione ruolo, poteri e privilegi spaventa
Chi in azienda gode di privilegi (dovuti al ruolo ricoperto) o detiene posizioni di potere (come i livelli direttivi) può vedere ugualmente come un potenziale pericolo le innovazioni. In questi casi, è facile che il cambiamento venga vissuto più come una minaccia che come un'opportunità, e che le persone si diano da fare, pertanto, per difendere le proprie rendite di posizione.
Normalmente, nessuno contesta a parole il miglioramento proposto: tutti dicono di volerlo fare, infatti! Nel pratico, però, col loro comportamento fanno di tutto affinché l'innovazione, a livello operativo, non vada in porto: procrastinano, cercano alibi e capri espiatori pur di lasciare le cose come stanno. Non è nemmeno detto che, chi osteggia, si renda conto, semplicemente si cerca di far inceppare l'ingranaggio senza esserne consapevoli.
Oltre all'entusiasmo, per cambiare serve anche fiducia in chi ce lo chiede
Naturalmente, in ogni organizzazione esiste anche chi il cambiamento lo abbraccia con slancio! Gli entusiasti sperano che, finalmente, i problemi si risolvano e, quindi, all'inizio sono assolutamente ben disposti a mettersi in gioco per cambiare.
Strada facendo, però, la loro motivazione può venir meno quando si rendono conto che il percorso non porta risultati immediati e che, prima di poter toccare con mano i vantaggi derivanti dalla nuova situazione, è richiesto ed è necessario a lungo un certo livello di impegno.
In genere, comunque, se hanno fiducia in chi propone i cambiamenti, sono disposti a sobbarcarsi l'onere maggiore in vista del risultato finale.
I tempi della Direzione non sono gli stessi di chi deve rendere operativo il cambiamento
E poi c'è chi i cambiamenti li propone, appunto, ovvero la Direzione Strategica (Amministratore Delegato, Direttore Generale o altri organi direttivi), che quasi sempre ha voglia e fretta di realizzare la sua visione, la sua idea di trasformazione aziendale.
A volte, succede però che è lo stesso vertice a frenare e a far allontanare, di giorno in giorno, l'obiettivo su cui sta puntando così alacremente. Questo accade quando si accorge che ciò che si aspetta che succeda, in realtà non succede (per lo meno, non nei tempi e nelle modalità attesi).
La Direzione spinge, infatti, per avere risultati velocemente ma questa pressione, spesso, provoca resistenze da parte di chi deve mettere in atto nuovi comportamenti.
Potenzialmente, la maggior parte dei collaboratori è disponibile a introdurre i cambiamenti richiesti ma, nel farlo, deve fare i conti con l'indeterminatezza, la confusione, i dubbi e le indecisioni che il processo evolutivo comporta. Infatti, prima che l'ingranaggio migliorativo vada a buon fine, è facile che le persone vivano questo sforzo sentendosi smarrite, affaticate, preoccupate, oltre che prive di certezze sul loro ruolo.
Ora, se la Direzione si mostra incurante delle difficoltà che le persone stanno incontrando nel mettere in pratica i cambiamenti previsti e insiste per dimostrare a tutti i costi che ciò che dice e chiede è la cosa migliore e l'unica da considerare, è facile che questa contrapposizione di vedute fra le parti inneschi un meccanismo di pressione e resistenza.
Toccati nel vivo della loro sensibilità, i collaboratori, anche i più entusiasti, in genere tirano fuori tutte le strategie possibili, gli alibi, le scuse, le bugie, i rallentamenti più fantasiosi pur di mantenere la propria ideologia, opponendosi alle pressioni della Direzione.
Questo è un momento delicato in cui è facile che la fiducia crolli: nessuno si fida più dell'altro, tutti parlano per affermare la propria idea e per dimostrare che è sbagliata quella degli altri, e agiscono per avvalorare ciò che pensano.
A questo proposito, mi tornano in mente le parole di un imprenditore mio cliente proprio nella fase iniziale di un cambiamento organizzativo che stava affrontando con la sua azienda.
L'imprenditore, impegnato al tempo proprio in questo braccio di ferro coi suoi collaboratori, infatti, mi disse: "Sì, ma davvero la mia è l'idea giusta!".
Al che, gli ho risposto: "Sì, peccato che chi la pensa al contrario di te, ha la stessa opinione sulla propria idea!"
Per andare a buon fine, il processo di cambiamento ha bisogno di confronto e allineamento sugli obiettivi
Cambiare realmente, quindi, non è possibile? Cambiare si può sempre, ovviamente!
Più metti in conto, però, che resistenze e giochi di potere sono impliciti nel "gioco del cambiamento" e che, pertanto, è necessario considerarli e imparare a gestirli correttamente, più avrai assi nella manica per andare oltre, indirizzando anche queste riluttanze verso il risultato finale atteso.
Sicuramente, il ruolo della Direzione (o di chi, al suo posto, è fautore del progetto di innovazione) è strategico per portare in porto con successo la transizione.
Cosa è efficace ed è necessario fare, nel pratico?
Anzitutto, serve che i vertici mantengano la determinazione nel volere il cambiamento e sappiano "stare sul pezzo", ovvero sappiano monitorare e supportare il processo in ogni sua fase operativa.
Per questo, è di enorme utilità prevedere, con una certa continuità, degli spazi di confronto, in cui sia semplice parlarsi e ragionare assieme su come ciascuno sta vivendo le tappe del cambiamento e sulle influenze reciproche che questo comporta. Naturalmente, questi incontri servono anche per far emergere gli eventuali malesseri e difficoltà percepiti dalle persone, non come sfogo fine a sé stesso, ma come momento propedeutico per superarli, orientandoli in positivo (eventualmente, anche mediante l'aiuto di un esperto in leadership e dinamiche di gruppo).
Meglio ancora sarebbe, inoltre, approcciare il processo con una visione sistemica, ovvero guardare e cogliere in che modo l'atteggiamento di ciascuna persona impatta sugli altri partecipanti singolarmente e sul "sistema azienda" visto nel suo complesso.
Ogni incontro, infine, deve essere occasione per portare avanti un lavoro di allineamento fra tutte le persone del Team rispetto agli obiettivi che si stanno perseguendo.
Questo significa riconoscere, ad esempio:
- lo scopo che sta dietro le attività portate avanti dall'Organizzazione
- i valori da difendere (come gruppo o come intera Organizzazione)
- il senso attribuito da tutti a ciò che si fa
- i parametri attraverso cui misurare e stabilire se il cambiamento sta andando a buon fine
- l'impegno e i compiti richiesti a ciascuno per renderlo fattibile
- i tempi in cui verificare come sta funzionando il processo di riorganizzazione
Applicare anziché boicottare: un cambio di approccio necessario per muoversi assieme in modo responsabile verso il cambiamento desiderato
E' importante, inoltre, considerare che un cambiamento organizzativo si basa necessariamente su dei pressuposti: a priori, nessuno può sapere infatti, con certezza assoluta, se il metodo scelto avrà successo oppure no. Per questo, è assolutamente necessario l'impegno di tutti per mettere in pratica quanto previsto dal piano d'azione. Solo applicandolo, infatti, è possibile verificare se effettivamente funziona o meno.
Decidere sulla base di proprie supposizioni che il piano non funziona e non applicarlo, o applicarlo in modo diverso da quanto stabilito, non consente infatti di dimostrarne la sua reale efficacia. E quando in tanti disattendono al proprio impegno, è facile, inoltre, che ognuno recrimini sugli altri.
Come hai potuto capire, la strada per cambiare c'è e, in fondo, non è neanche così complicata. Sicuramente, però, richiede un cambio di prospettiva per passare ad una visione sistemica.
Anziché scoraggiarti, perciò, prendi questi suggerimenti come un primo aiuto pratico per gestire il vostro processo di riorganizzazione con ordine e maturità affinché possa effettivamente portare a risultati vantaggiosi per tutti.