Anche tu usi l’occhio di Sauron in azienda?
Quanto conta la fiducia in un gruppo di lavoro? Tanto, tantissimo: sia quella reciproca tra i membri del Team che tra loro ed il capo.
Il fatto è che, molto spesso, i leader in un'azienda sono talmente impegnati tutti i giorni nel "portare a casa il risultato" che, senza volerlo e, anzi, con le migliori intenzioni, mettono a rischio il rapporto di fiducia con i collaboratori. Ecco come può succedere.
Gestire il personale a suon di critiche non è spronare
Qualche giorno fa, il titolare di un punto vendita mi chiede: “Perché quando ci sono dei problemi sono sempre l’ultimo a saperlo? Perché i miei dipendenti non si fidano di me e, quando faccio domande, danno risposte evasive e vanno sulla difensiva?”.
“Non lo so…” gli rispondo con la calma serafica di un maestro zen nella posizione del loto. E, in effetti, davvero non lo posso sapere fino a quando non vedo che cosa succede.
Decidiamo che la cosa merita di essere approfondita perché il problema incide profondamente sulla qualità del lavoro e sulle economie del mio cliente.
Per scoprirlo, ci accordiamo che passerò una mezza giornata nella sua azienda per osservare cosa succede quando lui si interfaccia con le persone del suo staff.
Alla fine del giro, gli dico: “La soluzione è semplice: ti vedono come l’occhio di Sauron”.
Ovviamente il mio cliente è un appassionato della famosa saga del Signore degli Anelli e la metafora fa effetto. “Cioè?" mi chiede lui, per niente rassicurato.
In effetti, paragonarlo alla mitica rappresentazione del male non è stata una delle cose più carine che ho fatto nella mia vita! Il discorso, però, è semplice:
ogni volta che il mio cliente si avvicina ai collaboratori durante il lavoro è per rimproverarli di qualcosa che non hanno fatto, o che hanno fatto male o che potevano fare meglio anche se è stata fatta bene.
Se i rimproveri sono troppi e gli elogi assenti, meglio correre ai ripari
Glielo spiego meglio: “Dopo le prime volte che ti ho visto agire, ogni volta che ti avvicinavi a qualcuno, sulla testa del tuo dipendente vedevo apparire un temporale e, in mezzo alle nuvole, la figura di un Nazgul a cavallo del suo Drago; per tradurlo a parole, era come se ci fosse un fumetto dove vedevo scritto Il MIO CAPO = GUAI IN VISTA”.
“Ma non ce l’ho con loro… è solo per spronarli a fare meglio perché so che possono fare di più”.
“Certo, io che ti conosco da un’altra prospettiva so benissimo che le tue intenzioni sono assolutamente positive e che vuoi che crescano loro, insieme con l’azienda. Il fatto è che finisce poi che, anche se durante una riunione o un colloquio, ti rivolgi a loro con un’aureola sulla testa e gli chiedi un contributo o delle informazioni su cose che non sai, loro continuano a vedere l’occhio di Sauron, insieme ai Nazgul, e si chiedono dove sta la fregatura e, soprattutto, non sanno cosa devono dire o fare per evitare rimproveri.
I rimproveri non piacciono a nessuno, se non sono bilanciati da rinforzi positivi.
La conseguenza è che in questo periodo, appunto, i collaboratori non ti dicono niente oppure ti dicono solo cose scontate."
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Sii autentico (e generoso) nel trattare coi tuoi dipendenti
In una relazione, le persone cercano anche autenticità, idem nei rapporti di lavoro.
Ed a tutti servono feedback (cioè informazioni e indicazioni sugli effetti di quello che facciamo) ed a tutti noi servono riconoscimenti, cioè riscontri sul fatto che gli altri ci considerano,
Il punto è che se questi feedback e riconoscimenti sono solo negativi viene da pensare che qualcuno ce l'abbia con noi, oppure che ci consideri solamente quando sbagliamo o ci comportiamo male.
Mentre se feedback e riconoscimenti sono solo positivi danno spesso l'idea di essere "falsi" cioè che chi ci fa i complimenti non ci stia realmente osservando e, quindi, non si sta curando davvero di noi.
Quindi, anche in azienda, come in famiglia e come nella vita
servono i rimproveri e servono anche i complimenti, se sono autentici.
E' il mix di entrambi ciò di cui ciascuno di noi ha bisogno: i complimenti ci danno energia e sicurezza mentre i rimproveri ci permettono di correggerci, se li riteniamo utili.
Una cosa da considerare è che la consapevolezza degli errori non serve a niente, se non porta a dei cambiamenti concreti. Questo è uno dei principi del mio metodo TEAM IN 3 PASSI, basato appunto su 3 step: osservazione, feedback e piano d'azione.
Quindi, col mio cliente, "capo dall'indole troppo incline a tirare le orecchie piuttosto che a dare anche pacche sulla spalla" stabiliamo un programma pratico per evitare che lui venga percepito ancora come il mastino da cui difendersi. In sostanza, ci siamo concentrati nel:
- Ampliare le sue strategie di comunicazione con i collaboratori: oltre alle critiche quando il lavoro viene fatto male (in cui lui è già bravissimo), imparare a fare complimenti sinceri quando il dipendente agisce bene
- Potenziare l'uso anche di altri stili di leadership diversi dallo stile autoritario da lui usato in prevalenza (che funziona soprattutto nel breve periodo o in momenti di difficoltà ma molto meno in tutte le altre circostanze)
Fino ad oggi, va detto che il mio cliente è stato bravissimo a "fronteggiare la crisi" ma, adesso, questo non basta più: serve un cambio di passo per mantenere alte le prestazioni di tutto il personale.
E' arrivato il momento, perciò, di "migliorare il clima aziendale" facendo un salto di qualità nelle relazioni. I suoi dipendenti si fidano, infatti, di lui come persona e delle sue capacità, ma adesso hanno bisogno di impostare in modo più autentico e costruttivo il rapporto col loro capo per evitare di stagnare e aprirsi a una qualità di lavoro idonea alla loro crescita professionale.
Due domande ai Team leader da coach Gandalf
E adesso, quasi come fossi Gandalf, il mitico mago del Signore degli Anelli (continua a mancarmi la barba, però), non riesco a chiudere l'articolo senza stimolare il tuo apprendimento:
- Cosa puoi imparare dalla storia del mio cliente?
- Cosa puoi fare per applicare da subito ciò che hai imparato coi tuoi collaboratori?
Buone riflessioni!
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