Coaching: le piccole “nefandezze” liberatorie di Amanda
Amanda (nome di fantasia per tutelare la privacy di una mia cliente in carne e ossa), mi ha lasciato un grande insegnamento: col suo brillante percorso di Coaching, mi ha aiutato a ricordare perché sono un coach.
E perché amo questo mio lavoro con le persone, sempre generoso di sorprese e soluzioni imprevedibili, spesso fuori dagli schemi dello scontato e dell’ovvio.
Amanda, perciò, è servita a ricordarmi un concetto chiave di cui tener conto nella formazione: che siamo tutti unici e diversi.
Voler impartire “lezioni” generali -senza considerare la specificità di ciascuna persona, di ciascun cliente- rischia, perciò, di diventare fuorviante e inefficace.
Amanda mi ha aiutato ad apprezzare ancora meglio la bellezza e la libertà del Coaching: nel coaching, infatti, ciascuno parte da dove si trova e va verso dove desidera andare, con gli strumenti e le soluzioni personali più adatte a lui o lei. Non c’è altro metodo di consulenza o formazione che riesca così bene ad assecondare e sostenere nella sua specificità e individualità la persona.
Ad Amanda, dunque, mi sono affidato: con fiducia, sapendo che anche lei, come ciascuno di noi, aveva già tutte le risorse per trovare una sua soluzione alle difficoltà che voleva superare. Sapendo anche che, da coach, il mio compito sarebbe stato solo quello di favorire e indirizzare praticamente questo suo percorso.
E Amanda non mi ha deluso, tutt’altro! In modo assolutamente geniale, è stata capace di andare oltre gli schemi, trovando una soluzione decisamente originale -ed efficace- al suo problema
Se sei un coach, spero che il racconto di questa mia esperienza con Amanda ti sia utile.
E se non sei un coach? Spero possa esserti altrettanto utile, nel lavoro o in qualsiasi altra sfera della tua esistenza, se fai fatica a dire di no o se sei convinto (o convinta) di non andar bene, perché ti senti imperfetto o “non in linea” con ciò che gli altri si aspettano da te.
Amanda, una dipendente modello…forse troppo!
Amanda, la mia cliente, è quella che si può definire una “dipendente modello”: pluripremiata per il suo senso di appartenenza, il suo spirito di iniziativa e la sua efficienza professionale, è la collaboratrice ideale che qualsiasi dirigente sogna di avere.
La sua capacità di organizzarsi e il suo orientamento all’obiettivo la portano ad organizzare il suo tempo, quello dei suoi colleghi e… anche quello del suo capo! Spesso, si trattiene in ufficio oltre l’orario di lavoro.
Amanda è anche una persona creativa: per sentirsi appagata, ha bisogno di nuovi stimoli e di nuove sfide.
Ma il suo incarico, svolto ormai da troppo tempo, non le consente di dare spazio alla sua creatività; il lavoro, infatti, è ripetitivo e pressante, a causa dei ritmi aziendali sempre più intensi.
E, appunto, mi ha contattato per cambiare lavoro.
I primi incontri di coaching sono serviti per aiutare Amanda a prendere anzitutto consapevolezza (o meglio, ad avere una conferma) del suo scopo di vita e a capire come esplorare il mercato del lavoro per decidere “cosa fare da grande”. Da sola, ha anche individuato un piano d’azione mediante cui portare avanti questa sua ricerca di un nuovo lavoro: partecipare a un corso di formazione propedeutico per cambiare attività.
All’incontro successivo, mi aspetto perciò da lei che mi dica di essersi iscritta al corso. E invece…
La crisi e poi... la svolta
Invece, c’è uno stop: il corso non parte per mancanza del numero minimo di iscritti. È il momento di crisi, tutto viene rimesso in discussione. Amanda ancora non sa che
spesso, i momenti di crisi sono quelli più creativi e ricchi di opportunità.
Sembra che tutto vada peggio ma, al di sotto, in realtà si smuovono le acque: in questa fase, se siamo ben disposti verso noi stessi e abbiamo voglia di ascoltarci davvero, vedremo così affacciarsi all’orizzonte altri aspetti del nostro essere da coltivare e far crescere. Parti di noi che, sicuramente, ci permetteranno di diventare più completi e liberi di esprimere il nostro potenziale.
Come c’era da aspettarsi, Amanda, a questo punto, entra dunque in un momento di stasi: la mancata partenza del corso frena il suo entusiasmo e la sua motivazione. Il lavoro la assorbe sempre di più (fino a due-tre ore di straordinario al giorno) e lei si sente, perciò, stanca e con poco tempo da dedicare sia alla sua vita privata (alla famiglia, in particolare) e anche al suo nuovo progetto professionale.
Il colloquio di coaching ha quindi un obiettivo pratico e immediato: aiutare Amanda a recuperare energie e una visione positiva dei suoi obiettivi.
COMUNICAZIONE V.E.R.A. Capo-Collaboratore
Come parlare con ogni dipendente senza che le tue parole cadano nel vuoto ma "portino acqua allo stesso mulino"
Allenati a dare e otttenere il massimo
da ogni collaboratore!
Ciclo di webinar
di Coaching!
Liberarsi dal senso del dovere
È un incontro in cui affiorano importanti consapevolezze: Amanda prende coscienza di quella parte di sé bisognosa sempre dell’approvazione altrui per sentirsi bene; quella parte che è finora stata convinta che “essere perfetta” e corrispondere alle aspettative degli altri sia la condizione necessaria per essere accettati.
Ma questa parte ne richiama anche, immediatamente, un’altra: quella dell’Amanda creativa, giocherellona che sta bene e sa già di andar bene esattamente così com’è.
E che sa che molte persone la approveranno in ogni caso mentre altre, comunque, non l’approveranno. Tanto da scoprire anche che, in fondo, tutto questo non è poi così importante.
Ma questa parte non sa come sbloccarsi, come uscire da questa gabbia di convinzioni che la tengono prigioniera.
Poco male: sapere che vuole uscire e che le due parti sono disponibili a collaborare tra loro è più che sufficiente per cercare e trovare una soluzione. E per giunta, tra le più divertenti della mia carriera.
Arrivano le piccole "nefandezze"
Ragionando insieme, Amanda capisce che fino ad oggi ha ragionato in base alla logica: “se affrontassi le cose con più leggerezza non perderei tutte queste energie e potrei cambiar vita”.
E che questa logica non funziona…
Dopo aver esplorato un po’ questa dimensione, Amanda decide quindi di cambiare passo e si diverte a immaginare cosa farebbe se fosse diversa…
Viene fuori un elenco di quelle che chiama “le piccole nefandezze”, cose che si è sempre impedita di fare sul lavoro e che, invece, si rende conto che le farebbero acquistare energia.
Cose come uscire all’orario giusto, tralasciando lo straordinario; non ricordare al suo capo gli impegni che ha (visto che non rientra nel suo ruolo); non fare cose che dovrebbero fare i colleghi solo perché li vede indietro sulla tabella di marcia (ma loro escono all’orario regolare); rispondere ai messaggi privati in orario di lavoro; uscire liberamente alle pause; intrattenersi a parlare con i colleghi più del dovuto,…
Tutte cose normali per altri suoi colleghi ma non per lei, che è una “high performer”.
E adesso?
E adesso “O dico che vorrei farlo ma non posso, oppure… lo faccio e vedo cosa succede!” mi dice a chiusura del nostro colloquio.
Amanda sceglie la seconda strada… una cosa per volta, a partire dalla meno impegnativa.
Per un paio di settimane, mi diletto coi report delle "nefandezze" perpetrate dalla mia cliente.
Poi diventa autonoma nella prosecuzione, è ormai “allenata” ad agire ascoltando i suoi reali bisogni, tanto da non aver più necessità di aggiornarmi di continuo (poco male: anche il solo immaginarla mi diverte!)
Infine, la trasformazione è compiuta. Amanda adesso è libera di scegliere quando lavorare oltre orario e quando non farlo. Anche i colleghi e la famiglia hanno reagito positivamente ai suoi cambiamenti, che sono arrivati per gradi.
Tirando le somme del percorso di Coaching
Passa qualche altro incontro finché non ci ritroviamo all’ultimo colloquio del suo percorso di coaching.
Amanda è, letteralmente, raggiante: cambiare lavoro non è più necessario! Le basterà cambiare mansione nell’azienda in cui già lavora; infatti, il suo datore di lavoro ha accettato di buon grado la sua richiesta di occuparsi di un altro settore di attività, obiettivo che sembrava impossibile fino a poco tempo prima. Amanda, dunque, è entusiasta e pronta per questa sua nuova sfida lavorativa.
Parallelamente, però, non trascura di curare gli altri suoi interessi professionali, di modo da tener le porte aperte anche ad altre alternative, eventualmente.
In circa 6 mesi, da dipendente troppo stretta nella sua vita di impiegata modello, Amanda è divenuta una donna più libera e realizzata, sul lavoro e non solo. Merito anche della sua sviluppatissima consapevolezza di sé e… delle “piccole nefandezze” che si è inventata.
Che dire?!? Sono anche io raggiante. E divertito.
Aiutare gli altri ad essere più liberi, creativi e felici è sempre un immenso piacere, per un coach.
E aiutare qualcuno a trasgredire consapevolmente e in modo utile e liberatorio è un vero lusso.