Quand’è che un corso serve davvero? Se, dopo di lui, un imprenditore ci manda anche i suoi collaboratori, ad esempio.
Qual è un indicatore per capire se un’attività di formazione è servita o meno, se è stata davvero utile a chi vi ha partecipato?
Martedì scorso, al mio webinar introduttivo al corso “Organizzare e gestire una riunione” (di cui ho in programma domani la 15^ edizione), erano presenti, fra gli altri, anche 5 collaboratori di un imprenditore mio cliente, titolare di una concessionaria. Circa 3 anni fa (agli albori del mio metodo TEAM IN 3 PASSI), l’ho seguito nello sviluppo del suo Team aziendale; durante il percorso, fra le altre cose, abbiamo lavorato parecchio proprio sull’impostare in modo nuovo il concetto stesso di riunione e le modalità di svolgimento degli incontri.
Meno di tre anni dopo, quest’imprenditore (che, nel frattempo aveva partecipato personalmente ad una precedente edizione), decide perciò di far partecipare al corso sulle riunioni anche cinque suoi “collaboratori chiave”.
La formazione costa meno dell’ignoranza e dell'improvvisazione. Eccone un esempio.
E proprio durante il webinar di martedì, appunto, scopro molto più da vicino come mai il mio cliente ha fatto questa scelta.
Come sempre, infatti, al termine del webinar, chiedo a chi è in collegamento “cosa si stanno portando a casa” da quell’incontro propedeutico alla giornata di formazione in aula.
I cinque collaboratori mandati dal mio cliente hanno tutti la stessa risposta: le mie spiegazioni teoriche gli son servite per capire, tecnicamente, cosa è successo e cosa succede dentro la loro azienda ogni volta che organizzano una riunione. Mi dicono, infatti, che ora gli è chiaro come mai ci sono stati diversi cambiamenti importanti rispetto al loro precedente modo di fare le riunioni che, di sicuro, erano prima meno coinvolgenti e meno partecipate.
Ad esempio, continuano, ora ogni riunione viene preparata in anticipo e che di questo tutti si sono accorti perché non gli succede più, come un tempo, di farle “a sentimento”. Questo perché ora sanno già di cosa devono parlare e su cosa devono prendere delle decisioni a fine incontro, quindi sono riunioni dove è sparita la sensazione di improvvisazione e, al suo posto, tutti percepiscono che c’è più controllo e che per chi conduce è più facile tenere il filo conduttore della riunione.
Aggiungono anche che, rispetto al passato in cui a questo si dava davvero poco valore, ora chi organizza la riunione si occupa anche di curare l’organizzazione degli spazi; non solo, che cambiano tipo di allestimento in base al tipo di riunione, a seconda di quanti partecipano e dell’obiettivo che ha quell’incontro.
Insomma, i cinque collaboratori concludono dicendo che, effettivamente, una differenza importante nel loro modo di organizzare e vivere le riunioni c’è stata e che questo li ha portati a perdere molto meno tempo in cose non rilevanti e, soprattutto, a fare riunioni molto più efficaci nei risultati.
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I corsi farlocchi ti esaltano ma ben poco cambia, i corsi concreti trasformano realmente la tua situazione
Ora, perché ho voluto raccontarti questa storia?
Per rispondere alla domanda fatta all’inizio, credo che quando qualcuno consiglia qualcosa che lui ha fatto, provato, comprato ad altre persone (a cui tiene, naturalmente, per cui è felice, quindi, di poter dar loro una mano) sia un buon indicatore del fatto che, effettivamente, quella cosa (prodotto o servizio) funzioni.
Il passaparola rimane, infatti, la forma più autentica, veritiera di pubblicità e di marketing, a cui tutti siamo più propensi a credere, per ovvie ragioni. Su questo penso che siamo tutti d’accordo.
Non so se anche a te è capitato, però, di partecipare a dei corsi un po’ “farlocchi”; corsi che, nel mentre che li stai facendo, ti coinvolgono a mille, in cui ti senti come in trance, rapito dalle parole e dalle movenze del trainer intanto che, via via, tu inizi a sentirti potente, sicuro, pronto a spaccare il mondo dal giorno dopo.
Per chi cerca una spinta motivazionale, sicuramente questo tipo di corsi sono un modo potente per gasarti e darti la carica. Non è mia intenzione condannarli in assoluto, perciò.
Spesso, però, quest’effetto “a bomba” non dura in eterno: tempo qualche settimana, per accorgersi che il corso è stato bellissimo, che al corso sei stato benissimo ma che, però, in realtà, hai capito ben poco di cosa devi fare nel concreto per cambiare qualcosa che non va (che, poi, sarebbe il motivo vero per cui hai deciso di iscriverti proprio a quel corso).
Insomma, corsi con “molta spesa e poca resa” in termini pratici.
Questo non è quello che intendo io per fare formazione che porta risultati, per intenderci.
A costo di sembrare a volte meno “acchiappante” e meno “fascinoso”, quello che mi preme di più quando lavoro con persone in apprendimento è chiedermi quale effetto pratico lascerà ai partecipanti il mio intervento come coach, come formatore, dopo che io me ne sarò andato. Dopo che, passata l’euforia delle nuove scoperte, la persona o il team torna a fare i conti con la sua situazione reale.
Perciò, quando poi, come è successo anche martedì durante il webinar, le persone ti riportano (meglio di quanto, a volte, sappia fare io stesso), cosa davvero è cambiato in positivo nel loro modo di lavorare assieme in azienda anche grazie ad un diverso modo di fare le riunioni, ecco, questo significa che quel corso non è farlocco, io mi entusiasmo ancora di più e, ancora più convinto e contento, mi dò da fare per ultimare i preparativi per il corso sulle riunioni di domani.
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